Il blog di Laura Cervellione

Apologia della strega. Barbara Alberti apre il sabba contro le tristi scienze dell’adattamento

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All’altare, ti ci portano per sacrificarti. L’amore, roba per coraggiosi, tutto il resto è coppia. Poche “donne che parlano di donne” sono schiette e impenitenti come Barbara Alberti, nata in Umbria tra angeli e diavoli, scrittrice, dispensatrice di consigli dalla sua posta del cuore ora sul Fatto Quotidiano, sceneggiatrice del controverso “Melissa P.”, conduttrice de “La guardiana del faro” su Radio24. È una vita che prende di petto l’affaraccio dell’esser femmina. Da bastian contraria e con l’irriverenza che ci vuole.
L’immagine di noi stesse oggi in Italia. Com’è?
Negli ultimi 17 anni c’è stato un tentativo efferato di far retrocedere la nostra figura di cent’anni. Si raccontano barzellette sulle donne che già ai tempi di mio padre erano da vergognarsi. Prendiamo il panegirico sulla donna-Mediaset fatto da Terry de Nicolò: non è solo un’arringa difensiva, lei legifera, ideologizza, e ci fa una lezione: chi è bella la deve “dar via” ai potenti per arrivare al top, chi è racchia, a casa. Risultato: abbiamo donne, anche bellissime, ridotte a rifarsi fino a somigliare ai trans anni settanta pur di piacere ai maschi-clienti.
Insomma, situazione buia.
In Italia trent’anni fa c’era ancora il delitto d’onore, vale a dire che potevamo legalmente essere ammazzate come polli. Ma ora che è stato abolito vediamo che le donne al 99% dei casi vengono ammazzate da padri mariti ed ex gelosi.
La scrittura ha rappresentato per la donna un riscatto?
Sì. Proprio perché parliamo di un Paese trogloditico come il nostro, scrivere è sempre stata un’attività alla nostra portata, perché si può fare di nascosto. Ormai sono decenni che ci sono in Italia scrittrici straordinarie.
Esempi?
Isabella Santacroce, Simona Vinci, Chiara Valerio, Melissa Panarello.
Pura letteratura o dietro c’è una qualche operazione sociale o politica?
Ma per carità. La Santacroce non sa neanche dove vive. Abita isolata a Riccione come Emily Dickinson, sa pochissimo di quel che accade nel mondo, ha scritto una fiaba strepitosa che si chiama Lulù Delacroix che non accenna minimamente alla condizione femminile.
Scrittrici, non saggiste.
Ai miei tempi c’era una vastissima saggistica femminista poi spazzata via. Era spazzatura. Senza dubbio quelle lotte ebbero un ruolo importante nel cambiare le leggi. Ma erano estremismi soffocanti. E stupidi. Non è che se grido “la donna dev’essere libera” giovo alla causa. Bisogna avere la voce. Ci vuole l’arte. Altrimenti fai politica.
L’engagement affossa l’arte?
Sì. Anche se ci sono saggiste come Luisa Muraro che sono anche di straordinaria potenza letteraria. Ma l’ideologizzazione forzata dell’arte ha portato solo noia e tante maestrine. Se si tratta di scendere in piazza, ci andiamo eccome. Ma parlando alle lettere non siamo utili, anzi.
A proposito del mondo delle lettere: c’è un’egemonia maschile?
Macché. La verità è che non c’è nessuna discriminazione. E poi delle belle lettere non se ne sa nulla. La gente legge le terze pagine. Ma la realtà è che i libri belli bisogna scoprirseli per conto proprio. Le posso citare capolavori di cui nessuno si è accorto, anche se pubblicati da grandi editori. Pensiamo al caso Moresco, che adesso pubblica l’opera omnia con Mondadori. Lui ci ha messo 35 anni per uscire dall’anonimato, adesso è osannato grande scrittore. Io l’ho scoperto grazie al giovane intellettuale Massimiliano Parente.
Lo smascheratore delle lobby letterarie…
Sì, ma la realtà è che ci sono lobby sia maschili sia femminili. Gli uomini non sono favoriti. Lo Strega l’ha vinto “Canale Mussolini”, opera straordinaria che si riallaccia alla grande tradizione del romanzo italiano di Nievo e De Roberto. Ha vinto un maschio perché non c’era un Pennacchi femmina, c’è poco da fare.
Qual è la donna di cultura che le piace?
L’eversione vera. Mi piace la Nannini, una poetessa. Guarda caso i testi degli ultimi dischi li ha scritti insieme alla Santacroce. Gianna è una che per la condizione femminile ha fatto più di tutti i saggi scritti negli anni ’60, ’70 e ’80. Lei è una grande strega. Come sono streghe Franca Rame, Margaret Mazzantini, ma anche scrittrici meno note come Silvana Nastina.
Cos’è esattamente una “strega”?
L’incivilizzabile. Colei che non si metterà mai d’accordo, a differenza di quanto fanno sempre i maschi. È colei che non accetterà mai il compromesso. Il mio libro “Riprendetevi la faccia” (Mondadori 2010) è una dichiarazione di disobbedienza a una visione della femmina che è ripugnante.
Lei è madre di due figli. Come si fa a conciliare maternità e impulso a scrivere?
Le rispondo come la mia nonna di Umbertide: “Me manca ’n pezzo”. Ma che vuoi conciliare! Io sono mamma part-time e scrittrice part-time. Riesco a scrivere solo quando mi scordo di me stessa, nome cognome e indirizzo, e allora vien fuori quella cosa misteriosa che si chiama arte. Intanto però rubi al lavoro, rubi ai figli, rubi a te stessa, rubi a tutti. La condizione umana è un casino. Quella della donna non ne parliamo. Se poi è un’ingorda come me, che vuol tutto…
La strega dunque è colei che non risolve, anzi, assume su di sé questi contrasti, a costo di vivere un po’ da disadattata?
Certo. In situazioni d’emergenza difatti quelli come me vengono calpestati e uccisi. La metà degli scrittori che conosco sono degli outsider. Io vivo inserita nel circuito dell’industria culturale, ma al di fuori non c’è vita sociale.
La rimpiange?
Non ne rimpiango i “gruppi”, la gente che se non frequenti per un po’, sei fuori, un traditore.
Suona un po’ claustrofobico, in effetti.
Una prigione. Invece, è emancipatorio capire che tra donne si sta bene. Dell’infanzia ricordo la cultura della competizione. Ho sempre aborrito le amiche-nemiche, le cosiddette migliori amiche che in realtà ti odiano. Ma allora che diavolo di amiche sono? Oggi per fortuna c’è stato un mutamento: la scoperta che tra donne ci si diverte un casino. E finalmente le donne vogliono sedursi tra di loro. Coltivare l’amicizia non mafiosa. Io son viva grazie alle donne.
La voglia di schivare i filtri è quel che caratterizza la donna strega?
Sì, ed è una conquista culturale di questi tempi. Io faccio il test della barzelletta. Mentre la donna si sganascia subito, il maschio prima di ridere ha quel secondo di ritardo in cui s’interroga: cosa pensano di me se ora rido? Quando dico strega io dico questo: una persona immediata, ironica, e che non ha paura. O comunque, ne ha molta meno degli uomini.

Written by lauracervellione

dicembre 5, 2011 a 7:29 PM

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